GRANO PANE E RITUALI

Molte migliaia di anni fa, quando la storia non era incominciata, ma l'umanità progrediva faticosamente nella preistoria, qualche nostro progenitore imparò. ad addomesticare le prime piante; ed erano cereali, era il grano. Incominciava una nuova fase, l'uomo diventava agricoltore e raccoglieva i chicchi di grano, sapeva di poter conservare semplicemente in fosse asciutte: quando ne aveva bisogno, pestava questi chicchi di grano, e se ne nutriva. Scoprì anche che poteva impastare quel grano macinato il più finemente possibile con acqua, e arrostire quell'impasto, a forma di disco - la più pratica - su pietre roventi.
I primi che fecero questo aprirono la strada alla conquista del pane, delle schiacciate, delle pizze, e in seguito delle lasagne e degli spaghetti. Le scienze che indagano sulle origini dell'uomo non dispongono, evidentemente, di testimonianze precise; ma molte tappe si sono potute ricostruire, sulla storia del cibo, attraverso reperti, scavi, confronti. I primi uomini erravano perennemente in cerca di cibo, quello che potevano raccogliere dalle piante selvatiche: bacche, frutti, foglie, germogli, semi; e quello che potevano catturare con le proprie mani nel mondo animale: vermi, animaletti non troppo veloci, conchiglie, molluschi, per chi raggiungeva le sponde del mare. Man mano però l'uomo estese le proprie capacità ricorrendo alle prime armi rudimentali: bastoni, clave, imparò a costruire trappole, reti. Da nomade inerme divenne cacciatore e pescatore. Poi ancora addomesticò alcuni animali, perché ci fu una specie di patto di mutuo sostegno; e con il loro aiuto l'uomo divenne anche pastore. Ora aveva il problema di guidare le greggi fin dove si poteva trovare il cibo: e così passò dal nomadismo vero e proprio al seminomadismo. Andava e veniva, con le greggi, seguendo cicli stagionali ma aveva anche delle basi permanenti, a cui faceva capo, dove restavano più a lungo donne e bambini. In questo modo ci fu la possibilità di conoscere meglio le caratteristiche e i cicli del mondo vegetale; e si arrivò al punto, come dicevo sopra, di addomesticare le prime piante. In origine, per quanto si sa, anche i chicchi di grano e di altri cereali avevano aspetto, più che altro, di semi. E ne crescevano pochi, ed erano molto più leggeri, il vento li portava via e li spargeva di nuovo sulla terra perché in questo modo la natura aveva disposto che avvenisse - e anche oggi è così - la riproduzione. I primi uomini cercavano di raccogliere questi semi prima che volassero via e incominciarono a distinguere - si pensa - le piante che ne erano più ricche; cercando di conservarli scoprirono che all'umido si corrompevano subito ed erano costretti a buttarli via, che all'asciutto invece resistevano per i tempi di magra della stagione e del cibo. E poi ancora qualcuno osservò che i semi, cioè i chicchi, buttati via in qualche zona intorno alle caverne o alle capanne, davano origine a un fenomeno misterioso: nello stesso posto venivano su molte nuove spighe, delle più ricche. Tutto ciò ebbe, come ogni altra cosa, interpretazioni magiche, destò gratitudine e timori verso le potenze occulte, creò riti e sacrifici. Ma intanto si sviluppava la capacità di selezionare quelle piante, e di aiutare i semi, cioè i chicchi, a riprodursi. Quei chicchi venivano mangiati crudi, in principio, ma dovette essere un primo passo abbastanza ovvio quello di pestarli, prima di mangiarli; macinarli: e a questo scopo qualcuno si accorse che l'operazione riusciva meglio se i chicchi venivano passati tra due pietre, con moto rotatorio, così fu scoperto il principio della macina, della mola, da cui molte migliaia di anni dopo avrebbero avuto origine i mulini. Fu anche un passaggio abbastanza ovvio quello di mescolare quei grani ridotti in briciole - e fu a un certo punto la prima, grossolana farina - con altre cose. Innanzi tutto con l'acqua, forse per farli bollire in recipienti naturali di pietra, sul fuoco conquistato al cielo, probabilmente perché un fulmine aveva infiammato qualche catasta di legna secca. Capitò forse che in una di queste pappe primordiali, dimenticata troppo a lungo sul fuoco, rimanesse solo la poltiglia di grano, magari un po' bruciacchiata, e piacesse di più; e si sia provato poi a cucinare un impasto abbastanza sostenuto di farina rudimentale e acqua, come dicevo in principio, direttamente sulle solite pietre roventi. Ma che cos’era, infine, quel cibo: quella schiacciata di grano, o anche di altri cereali? Sembra inutile voler sottilizzare. Possiamo solo dire che da lì incominciava una nuova era, la fase agricola vera e propria dell'evoluzione. L'uomo si assicurava il cibo per tutto il ciclo annuale (sia pure attraverso tante traversie e continui rischi di disastri, perdite, distruzioni). Non rinunciava ad allevare gli animali, ma poteva farlo nei recinti accanto alle abitazioni o ai villaggi, oppure in un raggio di movimento molto più ridotto. L'agricoltura, comunque, gli dava ben altre possibilità. Vivere in sedi fisse voleva dire una trasmissione molto più rapida, sia pure ancora per via orale, della informazione, delle esperienze, della cultura. I1 cammino della storia diventava enormemente più rapido, rispetto al passato. In questo modo, anche le nostre possibilità di saperne di più, oggi, su quel periodo sono più vaste. Non abbastanza però, per saperne di più sui successivi passaggi e sulle diversificazioni di quelle prime, elementari schiacciate di pasta. Quello che possiamo dire è che pane, pizza, focacce e via dicendo sono insieme, all'origine, nella stessa radice: che è la stessa radice della nostra civiltà. Quelle schiacciate di pasta arrostita sulle pietre forse furono cotte, man mano, anche in modo più comodo. Ce ne saranno state di più spesse e meno spesse, ne avranno forse mescolato l'impasto con altri vegetali, le avranno certamente accompagnate in vari modi. Ma le fasi di queste trasformazioni non sono riconoscibili oggi.