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| CIVILTÀ D'ITALIA |
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L’Italia
politica comprende oggi quattro diverse zone
geografiche: la valle del Po col versante meridionale dell'arco alpino, e nel
Mediterraneo la penisola appenninica e le isole di Sicilia e di Sardegna. Per la
sua posizione, la fertilità della terra e la dolcezza del clima, sin
dall’antichità l’Italia è stata punto di incontro, di fusione o di contrasto,
fra differenti popoli e civiltà europei e mediterranei. Gli antichi Greci e
Italici, ha scritto Theodor Mommsen nella sua Storia di Roma, sono "i due grandi
ceppi dai quali crebbe la civiltà del vecchio mondo, e proiettarono le loro
ombre e gettarono le loro sementi l'uno verso oriente, l'altro verso occidente".
Ma mentre la storia dell'antica Grecia si identifica pressoché dall'inizio con
quella del popolo ellenico, quella dell'Italia preromana
è
storia di diverse etnie e culture: non solo le varie genti italiche, come
Latini, Sabini, Umbri, Sanniti, ma anche Etruschi, Iapigi, Liguri, Veneti, Greci,
Celti. Popoli e culture differenti, sulle cui
caratteristiche, provenienze e interrelazioni non sempre è possibile fare
completa luce. Vi fu in Italia un lungo processo di formazione, dalla preistoria
alla metà del primo millennio a.C., di una complessa realtà, composta da
popolazioni autoctone col successivo apporto di popoli giunti dal Mediterraneo
orientale o dall'Europa centrale, attraverso i valichi alpini. Avvolti
nell'ombra della preistoria e della leggenda restano i nomi delle prime genti:
Siculi, Enotri, Ausoni, Itali. Solo nel secolo VIII , agli albori della
colonizzazione greca, si cominciano a distinguere aree etniche e culturali ben
delineate. Nel nord abbiamo a occidente i Liguri e a oriente il popolo
indoeuropeo dei Veneti. Tra Liguri e Veneti si trovano popolazioni minori come i
Reti delle Alpi centro-orientali o i Leponzi, probabilmente di stirpe celtica,
intorno ai laghi lombardi. Più chiaro e definito, e a un più avanzato grado di
civiltà, appare il panorama nell'Italia centrale e meridionale, con gli Etruschi
fra Toscana e Lazio, e le diverse genti italiche sparse nel resto della penisola.
Sull'origine degli Etruschi già le opinioni degli antichi discordavano: indigeni
secondo Dionigi d'Alicarnasso, venuti per mare da oriente secondo Erodoto. Tra
VIII e VII secolo, con lo sviluppo della metallurgia e il conseguente progresso
tecnico ed economico, gli Etruschi sviluppano una progredita civiltà urbana
nell'Italia centrale e iniziano a espandersi al di là degli Appennini, dove li
ferma l'invasione celtica, e verso il Meridione e il Mediterraneo, stabilendosi
sulle coste di Corsica e Sardegna, e scontrandosi con alterno successo con Greci
e Fenici. L'altra grande realtà etnica dell’Italia centrale sono gli Italici, di
ceppo indoeuropeo a differenza degli Etruschi, e divisi in due principali gruppi
linguistici: a nord quello umbro, le cui vicende si legano strettamente sin
dalle origini con quelle di Roma, e a sud quello
Tosco, il
cui popolo principale, i Sanniti, avrebbe contrastato più di ogni altro
l'espansione romana nella penisola. Dalle regioni centrali dell'Appennino i
Sanniti si diffondono tra il V e il IV secolo verso il Meridione, subendo
profonde trasformazioni a contatto con la civiltà greca come già era avvenuto
agli Apuli o Iapigi, popolo illirico insediatosi nelle Puglie sin dall’età del
bronzo. La presenza greca in Italia è testimoniata, già nel II millennio, da
numerosi ritrovamenti di ceramica micenea. Ma e nel secolo VIII che dal
commercio si passa alla colonizzazione e alla fondazione di città, in quella che
fu definita la Magna Grecia: Cuma, Naxos, Siracusa, Sibari, Crotone, Gela,
Selinunte, Agrigento, Catania, Napoli, Taranto... L'influenza culturale greca,
particolarmente profonda e duratura in Sicilia, fu immensa in tutto il paese.
Ultimo popolo a comparire e a insediarsi nell'Italia preromana è quello dei
Celti, chiamati Galli dai Romani, la cui grande espansione a sud delle Alpi si
verifica intorno al V secolo, anche se le avanguardie di tale penetrazione sono
databili tra VII e VI secolo. I principali stanziamenti in Italia sono quelli
degli Insubri nell'odierna Lombardia, con centro a Mediolanum (Milano), e dei
Boi e dei Senoni in Emilia e nelle Marche. In questo variegato e composito
panorama si era andata intanto sviluppando, partecipe della comune civiltà
greco-etrusco-italica in via di formazione nella penisola, la città di Roma.
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ucciso
da un gruppo di congiurati nel 44 a.C., il potere rimane nelle mani dei suoi
successori, Antonio e Ottaviano. A prevalere fu quest’ultimo, che col titolo di
Augusto regnò di fatto sino al 14 d.C. L'ultimo secolo della repubblica e il
primo dell'impero sono il periodo aureo della letteratura latina, da Catullo a
Tacito, e Roma, come e più delle altre città d'Italia e dell'impero, si
arricchisce di monumenti che ne sottolineano la grandezza, mentre le grandi
strade consolari la uniscono ai principali centri di interesse commerciale e
militare.
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parecchi
anni si era abituati a vedere un barbaro come effettivo detentore del potere, e
l'aristocrazia locale continua a costituire il grosso dei consiglieri e
funzionari reali, mentre proseguono i processi di disgregazione economica e
sociale iniziatisi nei secoli precedenti. Ciò vale per il breve dominio di
Odoacre e ancor più per il successivo regno degli ostrogoti, il cui re Teodorico
aveva trascorso la giovinezza a Costantinopoli. Il suo regno rappresenta un
momento di relativa pace, col tentativo di fusione tra l’elemento barbarico e
quello romano: è il secolo di San Benedetto da Norcia, il fondatore di
Montecassino, la cui regola monastica, "ora et labora", contribuisce a fare dei
monasteri, nel decadere del mondo circostante, importanti centri economici e
culturali. Le tristi condizioni dell'Italia e dei suoi abitanti vengono
ulteriormente aggravate dalla guerra greco-gotica, che dopo un ventennio di
stragi, devastazioni, carestie e pestilenze, termina con la vittoria
dell'imperatore Giustiniano: nel 554 viene istituita la prefettura d'Italia con
capitale a Ravenna, che diviene uno dei centri dell'arte bizantina. Il paese è
ancora sconvolto nel 568 dall'invasione dei Longobardi, che in pochi anni
conquistano tutto il Settentrione, ponendo la propria capitale a Pavia, e
giungono anche a creare due ducati oltre l'Appennino, a Spoleto e a Benevento.
Oltre alla divisione di fondo tra Italia longobarda e bizantina, pur accomunate
da una realtà di miseria, violenza e oppressione, appaiono notevoli diversità
all'interno del mondo romano e bizantino: tra Ravenna, sede del rappresentante
imperiale, e Roma, dove il papa consolida il proprio potere; e tra le città
costiere come Napoli, Amalfi e Venezia, che hanno resistito all'invasione
longobarda e si rendono di fatto autonome dal lontano potere imperiale, e le
isole e le estreme parti del Meridione, parte integrante dell'impero. Il
tentativo di unificazione della penisola, compiuto dal re longobardo Astolfo e
dal suo successore Desiderio, termina con la sconfitta di quest'ultimo da parte
del re dei Franchi Carlomagno, chiamato in Italia dal papa. Incoronato
imperatore a Roma nella notte di Natale dell'800, Carlomagno ricostituisce in
occidente un impero unitario, per lo meno nella figura del sovrano, comprendente
l'Europa centrale dalla Danimarca ai Pirenei e quasi tutta l'Italia. Si tratta
di un impero ben diverso da quello romano: non più mediterraneo ma continentale,
col centro tra Francia e Germania, legato alla Chiesa e fondamentalmente
germanico nelle istituzioni e nell'organizzazione. L'epoca di Carlomagno vede
una prima rinascita economica e culturale, che si accompagna alla
riorganizzazione amministrativa dell'impero. Ora, molto più che nel VI secolo,
si può dire che il mondo antico è definitivamente mutato. Sul Mediterraneo, che
ne era il centro, si affacciano tre civiltà totalmente diverse: l'Europa
carolingia, I'impero bizantino e l'Islam, rapidamente estesosi dal Medio oriente,
attraverso tutta l'Africa settentrionale, sino alla penisola iberica. Ancora una
volta l'Italia è punto di incontro e di scontro tra mondi diversi, pagando al
prezzo di guerre, miseria e devastazioni la propria ricchezza e varietà di
cultura, di cui ogni città, da Venezia a Palermo, è testimonianza monumentale.
Più di un secolo dura la lotta tra Arabi e Bizantini per il possesso della
Sicilia. Del 720 è la prima invasione, e l'ultima roccaforte bizantina, Siracusa,
cade nell'878. All'inizio del secolo IX vengono occupate Corsica e Sardegna,
mentre tutte le città costiere della penisola conoscono successivi saccheggi e
anche le campagne dell'entroterra sono ripetutamente devastate. Come ha scritto
Henry Pirenne, il Mediterraneo, "la grande via di comunicazione, diventò una
barriera insormontabile. L'Islam ruppe l'unità del Mediterraneo, che le
invasioni germaniche avevano lasciato sussistere. E' questo il fatto più
essenziale avvenuto nella storia d'Europa dal tempo delle guerre puniche. E' la
fine della tradizione antica".
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Mediterraneo
occidentale riprendono Corsica e Sardegna agli Arabi. Città di mare, città di
terra, dove vivono e operano i primi nuclei della nascente borghesia, mercanti e
liberi artigiani. A partire dal secolo XI, lo sviluppo si accelera in ogni campo
di attività economica e culturale, e si accompagna a un significativo incremento
demografico. Questo movimento d'espansione porta alla definitiva liberazione
dell'Italia dagli Arabi, conclusasi nel l091 con la conquista della Sicilia da
parte dei Normanni. Mentre nel Meridione si forma un regno analogo alle grandi
monarchie europee e al Centro si consolida lo stato pontificio, nell'Italia
Settentrionale i mutamenti nella vita sociale di città e campagne portano tra XI
e XII secolo allo sviluppo delle autonomie cittadine. I diritti sino ad allora
detenuti dai grandi feudatari laici ed ecclesiastici passano ai cittadini
associati nel Comune, che tramite i consoli esercita i poteri di carattere
feudale.E' un processo che comporta aspri conflitti tra signori e comuni, ma
soprattutto tra questi, che rivendicano la propria autonomia, e l'impero, deciso
a ribadire la sua sovranità. Federico I il Barbarossa e Milano sono i grandi
protagonisti della contesa, che dopo alterne vicende (Milano viene rasa al suolo
nel 1162) si conclude nel 1176 con la sconfitta dell'imperatore. Sono, quelli
intorno al Mille, i secoli in cui inizia a formarsi la civiltà italiana che, dal
Trecento al Cinquecento, diffonderà la propria cultura umanistica nell'Europa
intera, con un'influenza paragonabile solo a quella della Grecia classica nel
mondo antico. Fondamentale carattere distintivo di una nazione, così come di un
individuo, e la sua lingua. E nel 960, rileva Bruno Migliorini, "appare il primo
documento in cui si scrive consapevolmente in una nuova lingua: siamo ormai
intorno al Mille, quando le sparse membra d'Italia cominciano a ricomporsi in un
barlume d'unita". La lingua nazionale, "volgare" rispetto al latino classico, si
afferma in Italia, per il maggior persistere della tradizione latina, più tardi
rispetto a quanto avviene in altre nazioni romanze. Solo dal XIII secolo
comincia a imporsi come lingua letteraria, mentre nelle arti figurative si
compie il passaggio dal romanico al gotico: ne sono testimonianza il Cantico
delle Creature e la Cattedrale di San Francesco d'Assisi, il santo più amato,
vero rifondatore del cristianesimo. Ciò che rappresento San Francesco per la
religione, furono Giotto per l'arte e Dante, il padre della lingua italiana, per
la letteratura: punto di arrivo e di partenza del Medio Evo e dell’età moderna.
I loro successori - pittori, scultori, architetti, poeti e prosatori - furono
per secoli i maestri d'Europa: Brunelleschi, Donatello, Masaccio, Pier della
Francesca, Botticelli, Mantegna, Bramante, Michelangelo, Leonardo, Raffaello,
Tiziano, Boccaccio, Petrarca, Machiavelli, Ariosto, Tasso... Tanti altri nomi si
potrebbero fare: ogni borgo, ogni città d'Italia diviene opera d'arte, e tanto
splendore è il segno tangibile della loro ricchezza. Venezia e Genova, che hanno
abilmente sfruttato le crociate tra XI e XIII secolo, dominano sul mare, mentre
in tutta Europa si impone l’attività di banchieri e commercianti lombardi e
toscani: dall'Italia si diffondono il sonetto e la prospettiva, ma anche la
lettera di cambio e la partita doppia. Proprio la grande ricchezza e il
vertiginoso sviluppo delle città italiane ne causarono la decadenza, sia per
l'attrazione esercitata sui sovrani dei regni vicini, sia per i contrasti fra le
diverse città e, al loro interno, tra le fazioni, guelfi e ghibellini, che si
disputavano il potere. Sono gli anni dei principi e dei condottieri: mentre
Aragonesi e Angioini si contendono il Meridione, nelle città settentrionali le
lotte interne portano alla scomparsa del Comune e all'affermarsi di signorie
dinastiche su territori più estesi. Alla fine del Quattrocento l'Italia si
presenta come un sistema di stati in precario equilibrio, che si spezza con la
morte di Lorenzo il Magnifico, signore di Firenze, e la fine della sua azione
mediatrice. Lorenzo muore nel 1492, lo stesso anno in cui il genovese Cristoforo
Colombo, erede di una grande tradizione marinara, sbarca nel Nuovo Mondo. Di
pochi anni prima sono l'invenzione della stampa e la caduta di Bisanzio e
dell'impero d'oriente: è la fine di un'epoca. Nel 1494 gli eserciti del re di
Francia entrano per la prima volta in Italia. Inizia così una serie di guerre
tra francesi e spagnoli, combattute sul nostro territorio con effetti devastanti,
che si concludono nel 1559 con l'affermazione della supremazia spagnola in
Italia. Milano, Napoli, Sicilia e Sardegna dipendono direttamente dalla Spagna,
la cui influenza si fà sentire anche sugli stati ancora indipendenti: Savoia,
Toscana, Papato, Venezia e altri minori. E' un'Italia, come tutto il mondo
spagnolo, sempre più misera e sfarzosa: un paese che ristagna ai margini
dell'Europa, impoverito economicamente e culturalmente, ma che pure vede lo
sviluppo architettonico dell'arte barocca e il primo fiorire della grande musica
italiana, che culmina, tra Cinquecento e Seicento, nell'opera di Claudio
Monteverdi. Con lui inizia un'epoca di indiscussa egemonia italiana sulla
cultura musicale europea, uscendo da quella che Massimo Mila ha definito "l’età
ingrata della musica, dai Trovatori al Rinascimento". E' invece l’età ingrata
del pensiero e della letteratura, soffocati nelle carceri e nei roghi della
Controriforma e dell'Inquisizione: nel 1600 sale al rogo Giordano Bruno, nel
1633 viene condannato Galileo Galilei. Crolla l'economia: agricoltura, industria,
commerci. Si blocca lo sviluppo demografico, anche a causa di numerose e
terribili pestilenze. In tanta desolazione, aggravata dal malgoverno e dal
fiscalismo dei dominatori, non mancano episodi di ribellione, disperate rivolte
popolari duramente represse. La situazione cambia radicalmente nella prima meta
del XVIII secolo. Le guerre di successione austriaca e spagnola ridefiniscono
gli equilibri europei, con la Spagna ormai in posizione marginale, il parziale
ridimensionamento delle ambizioni francesi e l'imporsi come potenza egemone
dell'Austria asburgica. L'assetto politico che ne consegue in Italia, alla meta
del Settecento, rimane pressoché invariato, dopo lo scossone napoleonico, sino
all'unita: il regno sabaudo con Piemonte e Sardegna; la Lombardia sotto
l'Austria; lo stato pontificio; la Toscana assegnata alla casa di Asburgo-Lorena
dopo l'estinzione dei Medici; in Meridione e in Sicilia la monarchia borbonica;
e in posizione marginale Venezia, Genova e altri stati minori.
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dalla
rivoluzione francese. Tra il 1796 e il 1797 si costituisce la Repubblica
Cisalpina, con capitale Milano e il tricolore come bandiera: seguono poi le
repubbliche Ligure, Romana e Partenopea, travolte nel sangue dalla reazione del
1799, sostenuta dalle armate austriache e dalla flotta inglese. Napoleone
ritorna vincitore in Italia nel 1800, e negli anni successivi la penisola segue
le sorti francesi, con la costituzione di repubbliche che diventano, quando
Napoleone assume il titolo imperiale, regni satelliti: uno settentrionale,
ancora con capitale a Milano, e uno meridionale con capitale a Napoli. Anche
questi regni cadono con l'impero: ma la restaurazione, seguita nel 1815 al
congresso di Vienna, pur riportando l'Italia alla situazione politica precedente
la rivoluzione, non può cancellare del tutto le riforme amministrative e
giudiziarie dell'epoca napoleonica, che avevano spesso segnato un notevole passo
avanti nello sviluppo civile del paese. Nè potevano essere annullate la
crescente importanza e la maggior consapevolezza del proprio ruolo assunte dalla
borghesia. Ultimo lascito dell'epoca rivoluzionaria sono le società segrete, il
cui principale ispiratore in Italia è Filippo Buonarroti. Dopo i primi moti del
1820-21, con la richiesta di costituzione e riforme in vari stati, l'Italia
conosce una nuova serie di insurrezioni nel 1830-31. Anche questi moti vengono
repressi facilmente, ma la situazione era matura per un profondo rivolgimento
nel paese: come notava Stendhal, ogni persona colta d'Italia era ormai
all'opposizione. La grande cultura italiana del primo ottocento, di cui furono
precursori nel Settecento Alfieri e ancor prima Vico, è infatti priva degli
aspetti conservatori e reazionari di tanto romanticismo europeo. Pur nella
diversità della loro formazione e delle loro idee, l'impegno morale e civile di
Foscolo, di Leopardi, di Manzoni e sempre profondamente e coerentemente
improntato, come tutta la grande letteratura italiana da Dante, Boccaccio e
Petrarca, alle concezioni di libertà e di dignità umana che sono il valore
fondamentale dell'umanesimo. Nei Canti di Leopardi e l'ultima sublime poesia
dell'italiano classico, mentre Alessandro Manzoni dà vita all'italiano moderno
nella prosa dei Promessi Sposi. È pure il grande secolo del melodramma: Rossini,
Bellini, Verdi, ma anche Cherubini, Donizetti, Puccini. Il fondamentale problema
della lingua, affrontato da Manzoni come già aveva fatto Dante, era anche un
aspetto dell'elaborazione teorica sull’identità della nazione italiana. Si
collegava quindi strettamente all'opposizione politica, che dalle prime
richieste costituzionali era giunta a porsi come obiettivo la totale
indipendenza dagli stranieri. Per ottenerla il pensiero risorgimentale proponeva
diverse soluzioni: la repubblica federale di Cattaneo o quella unitaria di
Mazzini, oppure una monarchia costituzionale o una confederazione degli stati
esistenti, presieduta dal papa. Tutte queste componenti confluiscono nel 1848
nella prima guerra di indipendenza, che termina con la sconfitta del Piemonte
sabaudo da parte austriaca. Il conflitto mostro chiaramente che solo il Piemonte,
tra gli stati italiani, aveva la volontà di opporsi all'Austria, sia pure più in
un'ottica di espansionismo territoriale e dinastico che di liberazione nazionale.
Ma era anche evidente che tale politica, nonostante l'appoggio insurrezionale in
buona parte del paese, non poteva essere sostenuta con successo dal solo regno
piemontese. Su queste basi si sviluppa l'azione diplomatica del primo ministro
Camillo Benso conte di Cavour: la seconda guerra di indipendenza, nel 1859, vede
anche la Francia schierarsi contro l'Austria. Con la vittoria, il Piemonte
ottiene la Lombardia, cui si aggiungono poi Toscana ed Emilia, e cede alla
Francia, come pattuito, Nizza e la Savoia. Poco dopo, nel maggio 1860, sbarcano
in Sicilia i Mille di Garibaldi: alla fine dell'estate tutto il regno borbonico
è in mano agli insorti, mentre l'esercito piemontese occupa le Marche e l'Umbria.
Nel marzo 1861 viene proclamato il Regno d'Italia, che si trova così
d'improvviso a dover iniziare il difficile processo di unificazione economica e
sociale del paese. Negli anni seguenti vengono annesse al regno le città
italiane che ancora non ne facevano parte: Venezia nel 1866, il 20 settembre
1870 Roma, alla fine della prima guerra mondiale Trento e Trieste. L'Italia
tornava a essere unita, per la prima volta dai tempi dell'impero romano. Ma il
processo di unificazione realizzato senza un preciso disegno politico, in modo
così repentino e disomogeneo, da una classe dirigente estranea alla realtà
sociale di buona parte del paese, rese più ardua la soluzione dei complessi
problemi le cui più remote radici affondavano a volte negli ultimi secoli
dell'impero: il divario economico e l’estraneità culturale tra città e campagna,
tra nord e sud, tra paese e potere. Problemi che trovano la loro sintesi nella
questione meridionale, che tutti li racchiude ed evidenzia.
Ma la storia d'Italia dall'unita in poi è storia europea. Come le
altre potenze del continente, anche l'Italia conduce, sia pur con scarsa
convinzione e ancor minore successo, una politica imperialista di espansione
coloniale. Ed è anch'essa travolta dal tragico susseguirsi di avvenimenti che
hanno segnato la prima meta del ventesimo secolo, sconvolgendo l'Europa: la
grande guerra, il fascismo e la guerra di Spagna, la seconda guerra mondiale,
che si conclude con un'Italia distrutta, affamata e lacerata, ma finalmente
libera. Nel settembre 1943 viene firmato l'armistizio con gli alleati, sbarcati
nel Meridione, e si organizza la resistenza contro l'occupazione nazista, che
termina con la liberazione di Milano tra il 24 e il 25 aprile 1945. Un anno dopo,
a seguito del referendum istituzionale del giugno 1946, viene proclamata la
repubblica. Scrive Giuliano Procacci, nella sua Storia degli Italiani:
"Rifulsero in questi giorni di sbandamento e di caos le virtù profonde e modeste,
di gentilezza e di tolleranza, del popolo italiano ... Nella sventura il popolo
italiano cominciava a ritrovare la sua antica civiltà".
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STIAMO REGISTRANDO I VIDEO CLIP PER IL NUOVO
GENOVINO D'ORO CHANNEL
Nell’accoglienza dei
porti
che sapranno ospitarci, avremo il piacere di assaporare insieme
gustosi sfi di rara bontà e di amorevole fattezza, il tutto sotto la
guida delle accademiche lezioni di “gusto” del nostro Capitano; da lui,
ascolteremo leggende sulla storia, procedimenti di raffinazione e
miscela, ed infine l’utilizzo più vario e fantasioso di ogni singola
spezia. Semmai avete avuto, nel vostro spazio quotidiano, una pianta di
rosmarino siete già dei nostri! Altrimenti è ora che veniate a scoprire
quante lezioni possa darci la natura in fatto di “GUSTO” e “BENESSERE;
Le prenotazioni sono aperte fino ad
esaurimento posti. Info & prenotazioni: Franco Calafatti - cell. 339 5270975 -E-mail: francocalafatti@tin.it |
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![]() Franco alla pura fonte dei Taralli Speziati con il grande Peppone di Cibò,, mitico Enogastronomia Wine bar Filosofico di Potenza |
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