Genovino d'Oro
 CIVILTÀ D'ITALIA 
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Franco Calafatti
appassionato di spezie e di cose buone dal mondo organizza corsi e viaggi sulla "Rotta delle Spezie", tra mangrovie e piantagioni, a Zanzibar e in Madagascar. Prossima "Settimana delle Spezie" con Franco dal 5 al 13 marzo 2012 in Madagascar. Volo A/R a Roma e Milano, soggiorno "all inclusive" in villaggio Valtur, carta e carrello delle spezie, laboratori serali con Franco, visita nelle piantagioni con pranzo a base di Aragoste.
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Franco Calafatti, owner of "il Genovino d'Oro" Shop in Rome teaches on Spices in several Courses and Masters, cooperates with the Roman University "La Sapienza" and "il Gambero Rosso", the main Italian reality about Cooking and Food. He's a frequent guest of television events including the "La Prova del Cuoco" and "Cominciamo bene" on national television networks. He recently opened his Spice Academy Inc. in Charleston, West Virginia to meet the requests of so many US friends for a Spice Culture in the States. Please follow us on Facebook and visit us on You Tube, with our "il Genovino d'Oro Channel".

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CIVILTÀ D'ITALIA 
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1. La prima Italia
L’Italia politica comprende oggi quattro diverse zone geografiche: la valle del Po col versante meridionale dell'arco alpino, e nel Mediterraneo la penisola appenninica e le isole di Sicilia e di Sardegna. Per la sua posizione, la fertilità della terra e la dolcezza del clima, sin dall’antichità l’Italia è stata punto di incontro, di fusione o di contrasto, fra differenti popoli e civiltà europei e mediterranei. Gli antichi Greci e Italici, ha scritto Theodor Mommsen nella sua Storia di Roma, sono "i due grandi ceppi dai quali crebbe la civiltà del vecchio mondo, e proiettarono le loro ombre e gettarono le loro sementi l'uno verso oriente, l'altro verso occidente". Ma mentre la storia dell'antica Grecia si identifica pressoché dall'inizio con quella del popolo ellenico, quella dell'Italia preromana è storia di diverse etnie e culture: non solo le varie genti italiche, come Latini, Sabini, Umbri, Sanniti, ma anche Etruschi, Iapigi, Liguri, Veneti, Greci, Celti. Popoli e culture differenti, sulle cui caratteristiche, provenienze e interrelazioni non sempre è possibile fare completa luce. Vi fu in Italia un lungo processo di formazione, dalla preistoria alla metà del primo millennio a.C., di una complessa realtà, composta da popolazioni autoctone col successivo apporto di popoli giunti dal Mediterraneo orientale o dall'Europa centrale, attraverso i valichi alpini. Avvolti nell'ombra della preistoria e della leggenda restano i nomi delle prime genti: Siculi, Enotri, Ausoni, Itali. Solo nel secolo VIII , agli albori della colonizzazione greca, si cominciano a distinguere aree etniche e culturali ben delineate. Nel nord abbiamo a occidente i Liguri e a oriente il popolo indoeuropeo dei Veneti. Tra Liguri e Veneti si trovano popolazioni minori come i Reti delle Alpi centro-orientali o i Leponzi, probabilmente di stirpe celtica, intorno ai laghi lombardi. Più chiaro e definito, e a un più avanzato grado di civiltà, appare il panorama nell'Italia centrale e meridionale, con gli Etruschi fra Toscana e Lazio, e le diverse genti italiche sparse nel resto della penisola. Sull'origine degli Etruschi già le opinioni degli antichi discordavano: indigeni secondo Dionigi d'Alicarnasso, venuti per mare da oriente secondo Erodoto. Tra VIII e VII secolo, con lo sviluppo della metallurgia e il conseguente progresso tecnico ed economico, gli Etruschi sviluppano una progredita civiltà urbana nell'Italia centrale e iniziano a espandersi al di là degli Appennini, dove li ferma l'invasione celtica, e verso il Meridione e il Mediterraneo, stabilendosi sulle coste di Corsica e Sardegna, e scontrandosi con alterno successo con Greci e Fenici. L'altra grande realtà etnica dell’Italia centrale sono gli Italici, di ceppo indoeuropeo a differenza degli Etruschi, e divisi in due principali gruppi linguistici: a nord quello umbro, le cui vicende si legano strettamente sin dalle origini con quelle di Roma, e a sud quello Tosco, il cui popolo principale, i Sanniti, avrebbe contrastato più di ogni altro l'espansione romana nella penisola. Dalle regioni centrali dell'Appennino i Sanniti si diffondono tra il V e il IV secolo verso il Meridione, subendo profonde trasformazioni a contatto con la civiltà greca come già era avvenuto agli Apuli o Iapigi, popolo illirico insediatosi nelle Puglie sin dall’età del bronzo. La presenza greca in Italia è testimoniata, già nel II millennio, da numerosi ritrovamenti di ceramica micenea. Ma e nel secolo VIII che dal commercio si passa alla colonizzazione e alla fondazione di città, in quella che fu definita la Magna Grecia: Cuma, Naxos, Siracusa, Sibari, Crotone, Gela, Selinunte, Agrigento, Catania, Napoli, Taranto... L'influenza culturale greca, particolarmente profonda e duratura in Sicilia, fu immensa in tutto il paese. Ultimo popolo a comparire e a insediarsi nell'Italia preromana è quello dei Celti, chiamati Galli dai Romani, la cui grande espansione a sud delle Alpi si verifica intorno al V secolo, anche se le avanguardie di tale penetrazione sono databili tra VII e VI secolo. I principali stanziamenti in Italia sono quelli degli Insubri nell'odierna Lombardia, con centro a Mediolanum (Milano), e dei Boi e dei Senoni in Emilia e nelle Marche. In questo variegato e composito panorama si era andata intanto sviluppando, partecipe della comune civiltà greco-etrusco-italica in via di formazione nella penisola, la città di Roma.

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2. L’Impero di Roma
Da questo punto la storia d’Italia diventa per alcuni secoli storia di Roma, fondata secondo la leggenda nel 753 a.C. da Romolo, discendente da Enea, principe troiano. I ritrovamenti archeologici testimoniano l'esistenza di insediamenti sul suo territorio sin dal II millennio. Nella progressiva unione tra i villaggi tribali, sparsi sui diversi colli, si scorge il processo formativo di un’area urbana, fissato dalla leggenda nel singolo evento della fondazione di Roma. La storia delle sue origini mostra sin dagli inizi la partecipazione nello sviluppo della città dei Sabini accanto ai Latini, e una successiva egemonia etrusca, tra il VII e il VI secolo. Anche la tradizionale sequenza dei sette re vede alternarsi all'inizio nomi latini e sabini, e alla fine etruschi. Col termine della dominazione etrusca nasce la repubblica romana, rigida oligarchia nelle mani delle famiglie senatoriali, che si impone successivamente sul Lazio, l'Italia e l'intero bacino del Mediterraneo. A questa espansione si accompagna nel periodo repubblicano la dinamica interna del conflitto tra patrizi e plebei, che porta, alla metà del V secolo, alla stesura delle Leggi delle XII tavole, passaggio definitivo dalle norme consuetudinarie al diritto scritto. Nello stesso periodo viene consolidato il dominio sul Lazio: Roma, anche se nel 390 viene saccheggiata dai Galli è, agli inizi del IV secolo, uno dei principali stati italici. La sua politica di espansione si presenta sempre come nata da esigenze difensive, ma risponde comunque a varie motivazioni: bisogno di terre, necessità commerciali, militarismo aristocratico, pressione demografica, tensione sociale interna. La seconda metà del secolo vede Roma, impegnata nella conquista del Meridione, sconfiggere i Sanniti in tre durissime guerre tra il 343 e il 290 a.C. e poi la volta delle città greche: nel 272 è sottomessa Taranto, due anni dopo Reggio. Padrona di tutta la penisola, Roma è ora una potenza riconosciuta nel mondo mediterraneo ed ellenistico, e ne accoglie la cultura con la ricettività che l'aveva contraddistinta sin dall'epoca arcaica. E' di questo periodo il primo fiorire della letteratura latina, in cui si fondono, nel crogiolo unitario costituito dalla lingua, elementi provenienti dalle diverse genti e civiltà d'Italia: nessuno dei suoi primi scrittori, che ripropongono in latino forme letterarie greche, è romano Roma si trova ora ad affrontare vicini sempre più potenti e a lei estranei. A nord i Galli e, sul mare, l'impero commerciale di Cartagine: la città africana domina, dopo secolari conflitti con Etruschi e Greci, il bacino occidentale del Mediterraneo, con basi in Sicilia, in Sardegna, in Corsica e nelle Baleari. In Sicilia la tradizionale politica di aggressiva difesa dei confini porta i Romani ad assicurarsi il controllo prima dello stretto di Messina e poi dell'intera isola, espellendone i Cartaginesi al termine della prima guerra punica, nel 241 a.C. Negli anni seguenti vengono create le due province di Sicilia e di Sardegna Corsica, e sottomessi i Galli Boi e Insubri. Ancora da esigenze difensive, contro la pirateria illirica nell'Adriatico, nasce il primo intervento diretto nei Balcani. Coinvolta nelle vicende del mondo greco, Roma appare alle città elleniche come possibile alleato per liberarsi dall'egemonia macedone, e nel 228 viene ammessa ai Giochi Istmici di Corinto. La seconda guerra punica, nonostante i successi di Annibale in Italia, si conclude con la vittoria di Scipione a Naraggara-Zama e col definitivo ridimensionamento di Cartagine. Pochi anni dopo i Romani, vittoriosi nella seconda guerra macedone, proclamano la libertà della Grecia. Ma è un'illusione: il destino della libertà greca, come quello dell'esistenza stessa di Cartagine, è segnato. La loro vicenda si conclude nel 146 a.C. con la distruzione di Cartagine e di Corinto, i cui immensi tesori artistici prendono la via dell'Italia, e con la creazione di due nuove province, Africa e Macedonia. Roma è padrona del Mediterraneo. Ma la creazione in poche decine d'anni di un dominio che va dalla Spagna all'Africa e alla Grecia porta all'acuirsi della tensione sociale. La struttura della città stato, con la sua ristretta oligarchia di senatori, si dimostra sempre meno idonea a reggere un impero di tali dimensioni. Le continue guerre hanno inoltre rovinato i contadini soldati, portando all'aumento del latifondo e della schiavitù e all'inurbamento selvaggio di masse diseredate. C'è tensione anche tra i ceti dominanti, dove accanto ai senatori emergono i cavalieri, arricchiti dagli appalti di guerra, e le aristocrazie italiche. La "rivoluzione romana" inizia con le leggi agrarie presentate da Tiberio Gracco nel 133 a.C., e da suo fratello Gaio dieci anni dopo, e prosegue con la guerra sociale (da soci', alleati), ultimo insorgere contro Roma degli Italici, ancora guidati dai Sanniti. Col loro massacro da parte di Silla, rimasto padrone di Roma dopo la morte del rivale Mario, ha termine la questione italica: ma il completo sterminio dei Sanniti, nell'82 a.C., fu un duro colpo per la situazione economica e sociale dell'Italia centrale. Scomparso Silla, i conflitti per il potere riprendono ben presto, culminando nella lotta tra Pompeo e Cesare. Tali contrasti portano a un'ulteriore espansione del dominio romano, perché la forza dei contendenti risiedeva nel comando degli eserciti, ottenuto per combattere contro nemici esterni. Così Giulio Cesare può costruire il proprio potere personale conquistando la Gallia, e dopo la sconfitta e la morte di Pompeo diviene assoluto padrone di Roma, ottenendo la dittatura a vita. E' la fine della repubblica. Alla morte di Cesare, ucciso da un gruppo di congiurati nel 44 a.C., il potere rimane nelle mani dei suoi successori, Antonio e Ottaviano. A prevalere fu quest’ultimo, che col titolo di Augusto regnò di fatto sino al 14 d.C. L'ultimo secolo della repubblica e il primo dell'impero sono il periodo aureo della letteratura latina, da Catullo a Tacito, e Roma, come e più delle altre città d'Italia e dell'impero, si arricchisce di monumenti che ne sottolineano la grandezza, mentre le grandi strade consolari la uniscono ai principali centri di interesse commerciale e militare.

Durante il regno di Augusto nasce Gesù Cristo e in quello del suo successore Tiberio ne avviene la Crocifissione.

Dopo la caduta del suo ultimo discendente, Nerone, vengono proclamati imperatori alcuni generali delle province, fra i quali finisce per prevalere Vespasiano: la base del potere non e più nella penisola, la cui crisi economica e sociale si aggrava. Con Traiano e i suoi successori, sino a Marco Aurelio, l'impero conosce, nel II secolo, il suo ultimo periodo di relativo benessere. E' una società colta e raffinata, ma in cui sono ormai evidenti le cause di fragilità interna ed esterna che ne minano la struttura. La difesa dei confini, a oriente contro i Parti e sul Reno e il Danubio contro i Germani, e sempre più difficile. La vita della maggior parte della popolazione si fa più dura, con una miseria urbana sempre crescente e un'ulteriore estensione del latifondo nelle campagne, dove i coloni liberi, in condizioni di pura sussistenza, vengono legati alla terra da vincoli che ne determinano la virtuale servitù. L'elezione dell'imperatore è ormai nelle mani dei militari, e un nuovo momento di relativa stabilità si ha solo con Settimio Severo, generale africano eletto dall'esercito delle province pannoniche, la cui moglie di origine siriaca contribuisce alla diffusione di costumi e culti orientali. Si sintetizza in questo profilo l’universalità dell'impero, riconosciuta nel 212 d.C. da Caracalla, figlio di Settimio Severo, che concede la cittadinanza romana a tutti i suoi sudditi. Il III secolo vede continue guerre contro Germani e Parti, il costante aumento della pressione fiscale e l'inarrestabile degrado dell'agricoltura e di ogni altra attività economica. Si vanno intanto affermando tre forze nuove: l'esercito, che dispone a suo piacere dell'imperatore; i cristiani, verso i quali si alternano politiche di tolleranza e di persecuzione; i barbari, ormai insediati in vaste zone dell'impero. Una parziale ripresa si ha ancora alla fine del secolo con Diocleziano, che rafforza la difesa dei confini e riforma l'amministrazione, affidando la parte occidentale dell'impero a Massimiano (che ne sposta la capitale a Milano) e tenendo per sè l'oriente. L'1talia, che da tempo non è più il centro economico e culturale dell'impero, non lo è più neanche dal punto di vista politico. Sotto Diocleziano si hanno le ultime grandi persecuzioni contro i cristiani. L'imperatore emerso vincitore dalle lunghe e sanguinose lotte di successione, Costantino, decreta nel 313 d.C. la tolleranza religiosa, che tuttavia sarà di breve durata: nel 382 d.C. l'imperatore Teodosio proibisce infatti i culti pagani. Nella prima meta del V secolo i Germani sono ormai padroni dell’occidente, e nel 453 Attila con i suoi Unni giunge sino in Italia. L'impero si smembra, mentre si continuano a eleggere sovrani privi di effettivo potere. Nel 476 Odoacre, capo delle truppe barbare, depone l'ultimo imperatore che porta, per una delle affascinanti e intriganti ironie della storia, lo stesso nome del fondatore di Roma: Romolo, detto Augustolo, il piccolo imperatore.
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3. IL Medio Evo Barbarico
Il costituirsi tra il V e il VI secolo di regni romano-barbarici non porta a particolari cambiamenti nella realtà del paese. Già da parecchi anni si era abituati a vedere un barbaro come effettivo detentore del potere, e l'aristocrazia locale continua a costituire il grosso dei consiglieri e funzionari reali, mentre proseguono i processi di disgregazione economica e sociale iniziatisi nei secoli precedenti. Ciò vale per il breve dominio di Odoacre e ancor più per il successivo regno degli ostrogoti, il cui re Teodorico aveva trascorso la giovinezza a Costantinopoli. Il suo regno rappresenta un momento di relativa pace, col tentativo di fusione tra l’elemento barbarico e quello romano: è il secolo di San Benedetto da Norcia, il fondatore di Montecassino, la cui regola monastica, "ora et labora", contribuisce a fare dei monasteri, nel decadere del mondo circostante, importanti centri economici e culturali. Le tristi condizioni dell'Italia e dei suoi abitanti vengono ulteriormente aggravate dalla guerra greco-gotica, che dopo un ventennio di stragi, devastazioni, carestie e pestilenze, termina con la vittoria dell'imperatore Giustiniano: nel 554 viene istituita la prefettura d'Italia con capitale a Ravenna, che diviene uno dei centri dell'arte bizantina. Il paese è ancora sconvolto nel 568 dall'invasione dei Longobardi, che in pochi anni conquistano tutto il Settentrione, ponendo la propria capitale a Pavia, e giungono anche a creare due ducati oltre l'Appennino, a Spoleto e a Benevento. Oltre alla divisione di fondo tra Italia longobarda e bizantina, pur accomunate da una realtà di miseria, violenza e oppressione, appaiono notevoli diversità all'interno del mondo romano e bizantino: tra Ravenna, sede del rappresentante imperiale, e Roma, dove il papa consolida il proprio potere; e tra le città costiere come Napoli, Amalfi e Venezia, che hanno resistito all'invasione longobarda e si rendono di fatto autonome dal lontano potere imperiale, e le isole e le estreme parti del Meridione, parte integrante dell'impero. Il tentativo di unificazione della penisola, compiuto dal re longobardo Astolfo e dal suo successore Desiderio, termina con la sconfitta di quest'ultimo da parte del re dei Franchi Carlomagno, chiamato in Italia dal papa. Incoronato imperatore a Roma nella notte di Natale dell'800, Carlomagno ricostituisce in occidente un impero unitario, per lo meno nella figura del sovrano, comprendente l'Europa centrale dalla Danimarca ai Pirenei e quasi tutta l'Italia. Si tratta di un impero ben diverso da quello romano: non più mediterraneo ma continentale, col centro tra Francia e Germania, legato alla Chiesa e fondamentalmente germanico nelle istituzioni e nell'organizzazione. L'epoca di Carlomagno vede una prima rinascita economica e culturale, che si accompagna alla riorganizzazione amministrativa dell'impero. Ora, molto più che nel VI secolo, si può dire che il mondo antico è definitivamente mutato. Sul Mediterraneo, che ne era il centro, si affacciano tre civiltà totalmente diverse: l'Europa carolingia, I'impero bizantino e l'Islam, rapidamente estesosi dal Medio oriente, attraverso tutta l'Africa settentrionale, sino alla penisola iberica. Ancora una volta l'Italia è punto di incontro e di scontro tra mondi diversi, pagando al prezzo di guerre, miseria e devastazioni la propria ricchezza e varietà di cultura, di cui ogni città, da Venezia a Palermo, è testimonianza monumentale. Più di un secolo dura la lotta tra Arabi e Bizantini per il possesso della Sicilia. Del 720 è la prima invasione, e l'ultima roccaforte bizantina, Siracusa, cade nell'878. All'inizio del secolo IX vengono occupate Corsica e Sardegna, mentre tutte le città costiere della penisola conoscono successivi saccheggi e anche le campagne dell'entroterra sono ripetutamente devastate. Come ha scritto Henry Pirenne, il Mediterraneo, "la grande via di comunicazione, diventò una barriera insormontabile. L'Islam ruppe l'unità del Mediterraneo, che le invasioni germaniche avevano lasciato sussistere. E' questo il fatto più essenziale avvenuto nella storia d'Europa dal tempo delle guerre puniche. E' la fine della tradizione antica".
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4. La Civiltà del Rinascimento
Con Carlomagno risorge il mito di Roma, imperiale e papale. Ma quelli che seguono sono secoli di crisi sia per l'impero che per il papato, il cui contrasto per la reciproca supremazia sfocia in conflitto aperto nel secolo XI, con la lotta per le investiture ecclesiastiche. La debolezza dell'impero, smembrato tra i successori di Carlomagno, e l’incapacità dell’autorità centrale di garantire sicurezza e giustizia portano al progressivo affermarsi di poteri locali e di vincoli personali. I1 sovrano concede terre in feudo ai suoi vassalli, i quali a loro volta si comportano in modo analogo coi propri, per ricompensare e assicurarsi il loro sostegno. Si formano così intorno al castello del signore grandi proprietà, con un'economia non molto differente da quella dei latifondi del basso impero, che divengono sempre più autonome dal punto di vista economico, amministrativo e giudiziario. La società feudale, fenomeno caratteristico dell'Europa medievale, conobbe però in Italia uno sviluppo più contenuto rispetto ad altri paesi. Ciò fu dovuto al mantenersi di un più vivo e capillare tessuto urbano, che dà segni di ripresa a partire dal IX e X secolo, nonostante gli attacchi di Arabi e Ungari e la cronica crisi dell'impero, da cui si inizia a uscire solo con Ottone I, alla fine del millennio. La continuità degli scambi tra le diverse città e tra queste e l'oriente, attraverso i porti dell'Italia bizantina, fa sì che l'economia italiana non si chiuda nell'autarchia a cui tende l'organizzazione feudale. Commerci e arti cittadine si sviluppano in città come Milano, Pavia, Asti, Piacenza, Verona, Lucca, sedi di mercati e dogane sui grandi crocevia fluviali o terrestri; o come Venezia, Napoli, Ravenna, Bari e Amalfi, che commerciano con l'oriente; o ancora come Pisa e Genova, che nel Mediterraneo occidentale riprendono Corsica e Sardegna agli Arabi. Città di mare, città di terra, dove vivono e operano i primi nuclei della nascente borghesia, mercanti e liberi artigiani. A partire dal secolo XI, lo sviluppo si accelera in ogni campo di attività economica e culturale, e si accompagna a un significativo incremento demografico. Questo movimento d'espansione porta alla definitiva liberazione dell'Italia dagli Arabi, conclusasi nel l091 con la conquista della Sicilia da parte dei Normanni. Mentre nel Meridione si forma un regno analogo alle grandi monarchie europee e al Centro si consolida lo stato pontificio, nell'Italia Settentrionale i mutamenti nella vita sociale di città e campagne portano tra XI e XII secolo allo sviluppo delle autonomie cittadine. I diritti sino ad allora detenuti dai grandi feudatari laici ed ecclesiastici passano ai cittadini associati nel Comune, che tramite i consoli esercita i poteri di carattere feudale.E' un processo che comporta aspri conflitti tra signori e comuni, ma soprattutto tra questi, che rivendicano la propria autonomia, e l'impero, deciso a ribadire la sua sovranità. Federico I il Barbarossa e Milano sono i grandi protagonisti della contesa, che dopo alterne vicende (Milano viene rasa al suolo nel 1162) si conclude nel 1176 con la sconfitta dell'imperatore. Sono, quelli intorno al Mille, i secoli in cui inizia a formarsi la civiltà italiana che, dal Trecento al Cinquecento, diffonderà la propria cultura umanistica nell'Europa intera, con un'influenza paragonabile solo a quella della Grecia classica nel mondo antico. Fondamentale carattere distintivo di una nazione, così come di un individuo, e la sua lingua. E nel 960, rileva Bruno Migliorini, "appare il primo documento in cui si scrive consapevolmente in una nuova lingua: siamo ormai intorno al Mille, quando le sparse membra d'Italia cominciano a ricomporsi in un barlume d'unita". La lingua nazionale, "volgare" rispetto al latino classico, si afferma in Italia, per il maggior persistere della tradizione latina, più tardi rispetto a quanto avviene in altre nazioni romanze. Solo dal XIII secolo comincia a imporsi come lingua letteraria, mentre nelle arti figurative si compie il passaggio dal romanico al gotico: ne sono testimonianza il Cantico delle Creature e la Cattedrale di San Francesco d'Assisi, il santo più amato, vero rifondatore del cristianesimo. Ciò che rappresento San Francesco per la religione, furono Giotto per l'arte e Dante, il padre della lingua italiana, per la letteratura: punto di arrivo e di partenza del Medio Evo e dell’età moderna. I loro successori - pittori, scultori, architetti, poeti e prosatori - furono per secoli i maestri d'Europa: Brunelleschi, Donatello, Masaccio, Pier della Francesca, Botticelli, Mantegna, Bramante, Michelangelo, Leonardo, Raffaello, Tiziano, Boccaccio, Petrarca, Machiavelli, Ariosto, Tasso... Tanti altri nomi si potrebbero fare: ogni borgo, ogni città d'Italia diviene opera d'arte, e tanto splendore è il segno tangibile della loro ricchezza. Venezia e Genova, che hanno abilmente sfruttato le crociate tra XI e XIII secolo, dominano sul mare, mentre in tutta Europa si impone l’attività di banchieri e commercianti lombardi e toscani: dall'Italia si diffondono il sonetto e la prospettiva, ma anche la lettera di cambio e la partita doppia. Proprio la grande ricchezza e il vertiginoso sviluppo delle città italiane ne causarono la decadenza, sia per l'attrazione esercitata sui sovrani dei regni vicini, sia per i contrasti fra le diverse città e, al loro interno, tra le fazioni, guelfi e ghibellini, che si disputavano il potere. Sono gli anni dei principi e dei condottieri: mentre Aragonesi e Angioini si contendono il Meridione, nelle città settentrionali le lotte interne portano alla scomparsa del Comune e all'affermarsi di signorie dinastiche su territori più estesi. Alla fine del Quattrocento l'Italia si presenta come un sistema di stati in precario equilibrio, che si spezza con la morte di Lorenzo il Magnifico, signore di Firenze, e la fine della sua azione mediatrice. Lorenzo muore nel 1492, lo stesso anno in cui il genovese Cristoforo Colombo, erede di una grande tradizione marinara, sbarca nel Nuovo Mondo. Di pochi anni prima sono l'invenzione della stampa e la caduta di Bisanzio e dell'impero d'oriente: è la fine di un'epoca. Nel 1494 gli eserciti del re di Francia entrano per la prima volta in Italia. Inizia così una serie di guerre tra francesi e spagnoli, combattute sul nostro territorio con effetti devastanti, che si concludono nel 1559 con l'affermazione della supremazia spagnola in Italia. Milano, Napoli, Sicilia e Sardegna dipendono direttamente dalla Spagna, la cui influenza si fà sentire anche sugli stati ancora indipendenti: Savoia, Toscana, Papato, Venezia e altri minori. E' un'Italia, come tutto il mondo spagnolo, sempre più misera e sfarzosa: un paese che ristagna ai margini dell'Europa, impoverito economicamente e culturalmente, ma che pure vede lo sviluppo architettonico dell'arte barocca e il primo fiorire della grande musica italiana, che culmina, tra Cinquecento e Seicento, nell'opera di Claudio Monteverdi. Con lui inizia un'epoca di indiscussa egemonia italiana sulla cultura musicale europea, uscendo da quella che Massimo Mila ha definito "l’età ingrata della musica, dai Trovatori al Rinascimento". E' invece l’età ingrata del pensiero e della letteratura, soffocati nelle carceri e nei roghi della Controriforma e dell'Inquisizione: nel 1600 sale al rogo Giordano Bruno, nel 1633 viene condannato Galileo Galilei. Crolla l'economia: agricoltura, industria, commerci. Si blocca lo sviluppo demografico, anche a causa di numerose e terribili pestilenze. In tanta desolazione, aggravata dal malgoverno e dal fiscalismo dei dominatori, non mancano episodi di ribellione, disperate rivolte popolari duramente represse. La situazione cambia radicalmente nella prima meta del XVIII secolo. Le guerre di successione austriaca e spagnola ridefiniscono gli equilibri europei, con la Spagna ormai in posizione marginale, il parziale ridimensionamento delle ambizioni francesi e l'imporsi come potenza egemone dell'Austria asburgica. L'assetto politico che ne consegue in Italia, alla meta del Settecento, rimane pressoché invariato, dopo lo scossone napoleonico, sino all'unita: il regno sabaudo con Piemonte e Sardegna; la Lombardia sotto l'Austria; lo stato pontificio; la Toscana assegnata alla casa di Asburgo-Lorena dopo l'estinzione dei Medici; in Meridione e in Sicilia la monarchia borbonica; e in posizione marginale Venezia, Genova e altri stati minori.
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5. L'UNITÀ E LA REPUBBLICA
Dopo due secoli di isolamento, dalla metà del Settecento l'Italia, o almeno buona parte di essa, ritorna a partecipare allo sviluppo economico, sociale e culturale d'Europa. È il secolo dell’Illuminismo: si è nel pieno della rivoluzione agricola, i cui sforzi di razionalizzazione trasformano buona parte delle campagne europee, e alla vigilia della rivoluzione industriale. Il coinvolgimento dell'Italia nel movimento riformatore settecentesco non fu uniforme: pressoché totale in Lombardia e in Toscana, governate dagli Asburgo; solo parziale nel Piemonte sabaudo e nel Meridione borbonico; sostanzialmente nullo nello stato pontificio, considerato il più arretrato e peggio governato della penisola, e nelle decadute repubbliche di Genova e di Venezia. La prima, dopo la cessione della Corsica alla Francia nel 1768, è poco più di una piccola città stato, mentre la seconda, ancora in possesso di un discreto dominio territoriale, è ormai priva di ogni dinamismo politico ed economico. Dello splendore passato della Serenissima rimangono solo le luci del Carnevale su una città decaduta ma ancora splendida, oltre che per i suoi canali, le sue chiese e i suoi palazzi, per la musica, il teatro, le cortigiane: è la Venezia di Vivaldi, Goldoni, Casanova. I principali rappresentanti del dispotismo illuminato in Italia sono senza dubbio gli Asburgo, in Lombardia e in Toscana. In questo periodo raggiunge il suo apice il costante progresso dell'agricoltura che aveva caratterizzato la Lombardia già in età comunale. Allo sviluppo agrario si accompagna quello di tutte le attività produttive e commerciali, sostenute da adeguate riforme, che vedono il coinvolgimento attivo degli intellettuali milanesi, tra i quali va ricordato almeno Cesare Beccaria: il suo saggio Dei delitti e delle pene, contro la pena di morte e la tortura, ha enorme diffusione in tutta Europa, trovando la sua prima applicazione nel granducato di Toscana. Verso la fine del secolo, il riformismo settecentesco mostra di aver concluso il proprio ciclo storico e raggiunto i limiti oltre cui non poteva andare. Anche l'Italia, come il resto d'Europa, viene coinvolta e sconvolta dalla rivoluzione francese. Tra il 1796 e il 1797 si costituisce la Repubblica Cisalpina, con capitale Milano e il tricolore come bandiera: seguono poi le repubbliche Ligure, Romana e Partenopea, travolte nel sangue dalla reazione del 1799, sostenuta dalle armate austriache e dalla flotta inglese. Napoleone ritorna vincitore in Italia nel 1800, e negli anni successivi la penisola segue le sorti francesi, con la costituzione di repubbliche che diventano, quando Napoleone assume il titolo imperiale, regni satelliti: uno settentrionale, ancora con capitale a Milano, e uno meridionale con capitale a Napoli. Anche questi regni cadono con l'impero: ma la restaurazione, seguita nel 1815 al congresso di Vienna, pur riportando l'Italia alla situazione politica precedente la rivoluzione, non può cancellare del tutto le riforme amministrative e giudiziarie dell'epoca napoleonica, che avevano spesso segnato un notevole passo avanti nello sviluppo civile del paese. Nè potevano essere annullate la crescente importanza e la maggior consapevolezza del proprio ruolo assunte dalla borghesia. Ultimo lascito dell'epoca rivoluzionaria sono le società segrete, il cui principale ispiratore in Italia è Filippo Buonarroti. Dopo i primi moti del 1820-21, con la richiesta di costituzione e riforme in vari stati, l'Italia conosce una nuova serie di insurrezioni nel 1830-31. Anche questi moti vengono repressi facilmente, ma la situazione era matura per un profondo rivolgimento nel paese: come notava Stendhal, ogni persona colta d'Italia era ormai all'opposizione. La grande cultura italiana del primo ottocento, di cui furono precursori nel Settecento Alfieri e ancor prima Vico, è infatti priva degli aspetti conservatori e reazionari di tanto romanticismo europeo. Pur nella diversità della loro formazione e delle loro idee, l'impegno morale e civile di Foscolo, di Leopardi, di Manzoni e sempre profondamente e coerentemente improntato, come tutta la grande letteratura italiana da Dante, Boccaccio e Petrarca, alle concezioni di libertà e di dignità umana che sono il valore fondamentale dell'umanesimo. Nei Canti di Leopardi e l'ultima sublime poesia dell'italiano classico, mentre Alessandro Manzoni dà vita all'italiano moderno nella prosa dei Promessi Sposi. È pure il grande secolo del melodramma: Rossini, Bellini, Verdi, ma anche Cherubini, Donizetti, Puccini. Il fondamentale problema della lingua, affrontato da Manzoni come già aveva fatto Dante, era anche un aspetto dell'elaborazione teorica sull’identità della nazione italiana. Si collegava quindi strettamente all'opposizione politica, che dalle prime richieste costituzionali era giunta a porsi come obiettivo la totale indipendenza dagli stranieri. Per ottenerla il pensiero risorgimentale proponeva diverse soluzioni: la repubblica federale di Cattaneo o quella unitaria di Mazzini, oppure una monarchia costituzionale o una confederazione degli stati esistenti, presieduta dal papa. Tutte queste componenti confluiscono nel 1848 nella prima guerra di indipendenza, che termina con la sconfitta del Piemonte sabaudo da parte austriaca. Il conflitto mostro chiaramente che solo il Piemonte, tra gli stati italiani, aveva la volontà di opporsi all'Austria, sia pure più in un'ottica di espansionismo territoriale e dinastico che di liberazione nazionale. Ma era anche evidente che tale politica, nonostante l'appoggio insurrezionale in buona parte del paese, non poteva essere sostenuta con successo dal solo regno piemontese. Su queste basi si sviluppa l'azione diplomatica del primo ministro Camillo Benso conte di Cavour: la seconda guerra di indipendenza, nel 1859, vede anche la Francia schierarsi contro l'Austria. Con la vittoria, il Piemonte ottiene la Lombardia, cui si aggiungono poi Toscana ed Emilia, e cede alla Francia, come pattuito, Nizza e la Savoia. Poco dopo, nel maggio 1860, sbarcano in Sicilia i Mille di Garibaldi: alla fine dell'estate tutto il regno borbonico è in mano agli insorti, mentre l'esercito piemontese occupa le Marche e l'Umbria. Nel marzo 1861 viene proclamato il Regno d'Italia, che si trova così d'improvviso a dover iniziare il difficile processo di unificazione economica e sociale del paese. Negli anni seguenti vengono annesse al regno le città italiane che ancora non ne facevano parte: Venezia nel 1866, il 20 settembre 1870 Roma, alla fine della prima guerra mondiale Trento e Trieste. L'Italia tornava a essere unita, per la prima volta dai tempi dell'impero romano. Ma il processo di unificazione realizzato senza un preciso disegno politico, in modo così repentino e disomogeneo, da una classe dirigente estranea alla realtà sociale di buona parte del paese, rese più ardua la soluzione dei complessi problemi le cui più remote radici affondavano a volte negli ultimi secoli dell'impero: il divario economico e l’estraneità culturale tra città e campagna, tra nord e sud, tra paese e potere. Problemi che trovano la loro sintesi nella questione meridionale, che tutti li racchiude ed evidenzia. Ma la storia d'Italia dall'unita in poi è storia europea. Come le altre potenze del continente, anche l'Italia conduce, sia pur con scarsa convinzione e ancor minore successo, una politica imperialista di espansione coloniale. Ed è anch'essa travolta dal tragico susseguirsi di avvenimenti che hanno segnato la prima meta del ventesimo secolo, sconvolgendo l'Europa: la grande guerra, il fascismo e la guerra di Spagna, la seconda guerra mondiale, che si conclude con un'Italia distrutta, affamata e lacerata, ma finalmente libera. Nel settembre 1943 viene firmato l'armistizio con gli alleati, sbarcati nel Meridione, e si organizza la resistenza contro l'occupazione nazista, che termina con la liberazione di Milano tra il 24 e il 25 aprile 1945. Un anno dopo, a seguito del referendum istituzionale del giugno 1946, viene proclamata la repubblica. Scrive Giuliano Procacci, nella sua Storia degli Italiani: "Rifulsero in questi giorni di sbandamento e di caos le virtù profonde e modeste, di gentilezza e di tolleranza, del popolo italiano ... Nella sventura il popolo italiano cominciava a ritrovare la sua antica civiltà".

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Questo progetto attiva la nostra curiosità e la riporta a quella fantastica immagine che abbiamo di uomini che giravano il mondo mercanteggiando. Radici, erbe, semi e foglie di quelle preziose mercanzie che altro non erano che spezie, tesori dal valore immutato nel tempo. Ecco, di questo vogliamo parlarti.

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Franco Calafatti  e Antonella Clerici alla prova del cuoco

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Franco Calafatti trasmissione RAI "Persone" di Laura Terzaniyou tubePer Genovino d'Oro Channel stiamo registrando 100 nuovi clip sulle spezie e sulla fine gastronomia. Se vuoi dire la tua e sei interessato a partecipare ai video chiamaci e raggiungici al Genovino d'Oro in via Collina, 22, Roma. Contact: francocalafatti@libero.it - cell. 339 5270975

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Nell’accoglienza dei porti che sapranno ospitarci, avremo il piacere di assaporare insieme gustosi sfi di rara bontà e di amorevole fattezza, il tutto sotto la guida delle accademiche lezioni di “gusto” del nostro Capitano; da lui, ascolteremo leggende sulla storia, procedimenti di raffinazione e miscela, ed infine l’utilizzo più vario e fantasioso di ogni singola spezia. Semmai avete avuto, nel vostro spazio quotidiano, una pianta di rosmarino siete già dei nostri! Altrimenti è ora che veniate a scoprire quante lezioni possa darci la natura in fatto di “GUSTO” e “BENESSERE;

janine saine art de la vieSe sei un appassionato, un curioso o semplicemente un buongustaio… ti aspettiamo.
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Menu completo "tutto compreso" con le specialità del Genovino d'Oro. Menu bambini "il magico mondo delle Spezie" Euro 10,00

Info & prenotazioni: Franco Calafatti - cell. 339 5270975 -E-mail: francocalafatti@tin.it


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