LOMBARDIA
La varietà e il carattere di spicco della vitivinicoltura lombarda. Dalle Alpi centrali la regione digrada verso la pianura padana attraversando la zona dei laghi morenici e delle Prealpi e includendo le fasce collinari che occupano varie plaghe a nord e a sud del Po fino agli Appennini. In comune, le zone viticole lombarde vantano un'ampia disponibilità di acque fluviali, risorgive o canalizzate, che portano, fra l’altro, intense nebbie soprattutto nei mesi freddi e una conseguente scarsa insolazione. D'altronde la Lombardia è madre di vini pregevoli, sebbene in quantità complessivamente limitate, almeno da quando le epidemie parassitarie spinsero gli agricoltori a spiantare le vigne per dedicarsi a colture più redditizie come la cerealicoltura, le piantagioni di lino e, in genere, le seminagioni annue; per non parlare dell'espianto delle faticose vigne delle zone apriche vicine ai laghi, dove il turismo si era rivelato attività prevalente per redditività. Eppure in Lombardia la tradizione viticola risaliva all'epoca preromana (forse anche alla preistoria) e aveva superato flagelli, invasioni e guerre. Essa rimase infatti, salvo eccezioni, in montagna, in collina, nelle zone vocate e non meglio utilizzabili. L'attuale produzione lombarda rappresenta circa il 2,5% di quella nazionale ed è costituita in buona parte da vini di qualità, fra cui quelli a Denominazione d'Origine Controllata. I vitigni che attualmente allignano nella regione sono numericamente assai inferiori rispetto a quelli che venivano coltivati, fino alla metà del secolo scorso, in epoca prefillosserica. Laddove dopo il flagello, si provvide al reimpianto furono preferite varietà ad alto rendimento come Barbera, Croatina, Riesling Italico. Nel Bergamasco e nel Bresciano sono così subentrate, sia pure in minoranza, Marzemino e Schiava; la Valtellina ha privilegiato il Nebbiolo con la locale denominazione di Chiavennasca; in certe zone lungo il Po ha prevalso il Lambrusco. Sono ritornati qua e là alcuni vitigni autoctoni o tradizionali che rappresentano però delle minoranze. A parte la citata preferenza per le varieta redditizie, i viticoltori lombardi hanno volutamente fatto ricorso a vitigni di origine francese: dapprima Cabernet Franc, Merlot, Pinot e in seguito, specie ne gli ultimi anni, Cabernet Sauvignon e Chardonnay, Pinot, e in particolare il Pinot Nero, ha avuto diffusione in relazione alla spumantistica. Diversi i terreni, diversi i vitigni, diverse le colture, ossia i sistemi di allevamento e i sesti d'impianto, nelle diverse zone del vigneto Lombardia che vediamo singolarmente. In Valtellina, ossia nell'alta valle dell'Adda, si coltivano rigogliosi vitigni ad altitudini che raggiungono anche gli 800 m. La zona rappresenta un'eccezione viticola, un caso di coltura specializzata al limite delle possibilità biologiche e può in questo senso essere affiancata alla Valle d'Aosta. Nel versante meridionale delle Alpi Retiche prospiciente le Orobie sono tipiche le "terragne", i terrazzamenti spesso stretti e sinuosi, arginati da muri a secco e faticosamente realizzati con lavoro manuale e trasporto a spalla di terra fertile di riporto. Le terragne, oggi gelosamente custodite e rese maggiormente praticabili dagli impianti a monorotaia, sono composte da terreni di natura alluvionale o morenica, scarsamente fertili, permeabili, che ricoprono in piccoli strati le rocce. Esse richiedono molta costanza nella coltivazione e conferiscono in gran parte il carattere proprio dei vini di Valtellina che deriva però anche dai vitigni: oltre al già citato Chiavennasca (in origine Nebbiolo), il Pignolo o Pignola (anch'esso parente del Nebbiolo), il Rossola Nero che può considerarsi originario della Valtellina e assomiglia al Roter Veltliner della valle d'Isarco, il Brugnola o Prugnola di probabile provenienza emiliana, e poi un po' di Pinot Nero e per eccezione qualche vigna di Pinot Bianco (Weiss Burgunder). I vini di Valtellina, e in particolare quelli che possono assumere la D.O.C. Valtellina e Valtellina Superiore, sono dei rossi più o meno corposi, in buona parte adatti all'invecchiamento, dei quali esiste una versione da uve parzialmente appassite detta "Sfursat" e del cui tipo Superiore esistono delle sottodenominazioni (Sassella, Inferno, Grumello, Valgella) corrispondenti a sottozone geografiche ben delimitate. Dall'uva Chiavennasca vinificata in bianco o in rosa ed eccezionalmente dal Pinot Bianco si ottengono in Valtellina anche i vini Chiavennasca Bianco e Chiavennasca Rosato Il Pedemonte Bergamasco e il territorio costituito dalle alture che a nord-ovest, a nord e a est-sud-est di Bergamo, si spingono a settentrione trasformadonsi in Prealpi. Questa zona ha carattere alquanto omogeneo, con altitudini che toccano al massimo i 500 m. I suoi vini, in relazione anche alla DOC scelta e approvata, si chiamano Valcalepio, dal nome della zona piu orientale posta sulla sponda destra dell'Oglio che defluisce dal lago d'Iseo dove il "monte di Grumello" ha antica fama enologica. La zona ha vigneto composito dovuto alla presenza di vitigni che hanno superato la devastazione fillosserica e sono stati quindi conservati come il Groppello, un po' di Marzemino, di Rossera, ma i vitigni prevalenti, di successiva introduzione, sono Merlot, Cabernet Sauvignon, da cui il vino DOC Valcalepio Rosso, poi in tempi recenti Pinot Bianco, Chardonnay e Pinot Grigio, da cui il vino DOC Valcalepio Bianco. Inoltre va notata la presenza del vitigno Moscato e dello specialissimo Moscato di Scanzo, o Merera, una varietà a frutto scuro della famiglia dei moscati che si coltiva in una precisa zona autonoma del comune di Scanzorosciate: ne derivano i vini Valcalepio Moscato Passito, con varie possibili sottodenominazioni geografiche, e Moscato di Scanzo Passito. La Franciacorta, a sud del lago d'Iseo nel Bresciano, gode di un microclima particolare condizionato dalle brezze alpine che è all'origine, con la natura del suolo morenico e la riuscita iniziativa di viticoltori intraprendenti, di un'industria spumantistica rinomata e fiorente, ai prodotti della quale è legato in via immediata il nome di provenienza. Franciacorta significa dunque spumante tipico da uve Pinot Bianco, Chardonnay, Pinot Grigio e Pinot Nero ma non soltanto. La zona, il cui curioso nome deriva dal latino Francae Curtes, zona esente da tasse - privilegio che spettava in antico a conventi e monasteri ha da tempi immemorabili prodotto vini sia bianchi che rossi da vitigni autoctoni di cui rimangono scarse tracce. Attualmente permane una produzione di vini tranquilli bianchi, sempre da Pinot e Chardonnay, e di vini rossi da vari vitigni: Franciacorta Bianco e Franciacorta Rosso sono comunque anche due DOC. Dalla zona orientale della Franciacorta deriva un vino bresciano con DOC autonoma, il rosso Cellatica, di produzione limitata e quantitativamente assai incostante, ma di interesse per le spiccate caratteristiche. Si possono considerare separatamente con la denominazione di Colline Bresciane altre plaghe limitrofe al territorio comunale del capoluogo, di cui ricomprendono una parte, che storicamente fornirono vini particolari tuttora riconosciuti con propria DOC. La produzione di questi vini si è ormai ridotta a causa dell'espansione urbana di Brescia e dei centri abitati dei vari comuni in genere, con la conseguente riduzione del vigneto locale. I vini sono il rosso Botticino, che prende il nome da un comune a est del capoluogo, il rosso Capriano del Colle e il bianco Capriano del Colle Trebbiano, che pure portano il nome di un comune a sud-ovest di Brescia. Le sponde occidentale e meridionale del Benaco possono essere considerate come due zone distinte, anche se hanno in comune il contatto col lago di Garda. La prima scende da Limone del Garda fino a Desenzano allargandosi nell'ultimo tratto dove alle sponde montagnose subentrano quelle collinari più vocate alle colture, in particolare i pendii della Valtenesi; questa zona è caratterizzata dalla prevalenza dei vitigni Groppello Gentile e Groppello di Santo Stefano e dalla produzione di vini rossi e di cerasuoli particolari, di cui è espressione tipica il Riviera del Garda Chiaretto (così è la DOC). La seconda, a sud del lago oltre Desenzano, occupa i rilievi morenici fino al Mincio, emissario del Benaco e oltre, sconfinando in territorio veronese, dove allignano vigneti di grande modernità d'impianto che danno vini bianchi come il Tocai di San Martino della Battaglia e il Lugana, da uve Trebbiano. I Colli Morenici Mantovani, a sud delle zone appena citate, ancora nella morena del Garda e con caratteri geologici simili, danno leggeri vini rossi, rosati e bianchi. In due zone pianeggianti, in provincia di Mantova, il Viadanese, tra l'Oglio e il Po, e l'Oltrepo Mantovano, sulla sponda destra del grande fiume, si produce da varietà del vitigno omonimo il Lambrusco Mantovano (anche DOC)