SARDEGNA
Seconda isola del Mediterraneo per estensione situata al centro del mar Tirreno, equidistante da Genova e dalla Sicilia, la Sardegna (come la vicina Corsica) è parte di un'antichissima catena montuosa. Essa, con le isole satelliti di Sant'Antioco, San Pietro, Asinara e dell'Arcipelago della Maddalena, ha un'estensione costiera di ben 1.850 chilometri ed è costituita, oltre che da montagne, da altopiani e colline con suoli a composizione prevalentemente granitica, dove allignano spontanei boschi, pascoli e macchia mediterranea. Soleggiata in tutte le stagioni, piuttosto siccitosa date le scarse precipitazioni, la Sardegna offre condizioni favorevoli alla viticoltura sui rilievi ad altitudini modeste o nelle zone pianeggianti come il Campidano, fra Cagliari e Oristano o la piana a settentrione di Alghero. Il clima, che varia ovviamente con le altitudini e le esposizioni, è generalmente più caldo nei settori sudoccidentali dove si sente l'influsso dei venti che provengono dall'Africa. L'isola, retta da uno Statuto Speciale è una delle Regioni Italiane Autonome; d'altronde l'autonomia e l’enigmatica originalità dei sardi sono proverbiali e spiegabili con l'isolamento naturale, oltre che con le vicissitudini storiche. Eventi determinanti per la vitivinicoltura furono i rapporti e gli scambi con i navigatori fenici che conoscevano l'arte enoica più che le incursioni successive di popoli diversi, Cartaginesi, Romani, Vandali, Bizantini, Musulmani, Genovesi, Pisani. Anzi si vuole far coincidere lo sviluppo della viticoltura e la formazione di un'arte enologica isolane con l'arrivo degli Spagnoli Aragonesi nel XIII secolo. Furono costoro a fornire lo spunto di quello che è il carattere speciale dei vini sardi e a instaurare la prevalenza di vitigni d'origine iberica. Il vino sardo è sovente qualcosa di diverso, fatto a modo suo come tante altre espressioni dell’isola, non ultimo lo stesso linguaggio. Attualmente si riscontrano presenti due linee enologiche. Quella tradizionale, di gusto locale e quella moderna di osservanza internazionale: l’una e l’altra però, a ben considerarle, mantengono un’impronta tipica salvo che per certi bianchi passiti, anonimi che si producono ormai in Sardegna come in tutte le regioni, specialmente in quelle meridionali dove un tempo si producevano vini da taglio e ora si cerca di coprire un mercato di gusto generico. Comunque il vino sardo non è quantitativamente straripante poichè non rappresenta che un 1,7% circa del prodotto italiano. Il vigneto sardo coltiva vitigni indigeni e altri giunti in epoche diverse fra i quali molti di provenienza spagnola: si tratta di varietà sia a bacca bianca che tendono a prevalere, sia a bacca rossa. Primo fra le varietà bianche il Nuragus, antichissimo, forse autoctono, seguito a buona distanza dal Vermentino: interessanti sono poi la Malvasia Sarda di delicata personalità, il Nasco Indigeno, il Torbato, la Vernaccia di Oristano. Le varietà rosse vedono prevalere il Cannonau seguito dal Monica e dal Carignano, tutti di probabile provenienza iberica: esclusivamente coltivati in Sardegna sono poi il Bovale Sardo e il Giro, anch'essi di origine spagnola. Altre varietà, fra le molte raccomandate o approvate, che si evidenziano, sono diversi ceppi di Moscato, Sangiovese, Trebbiano Toscano e Romagnolo, Alicante Bouschet, Barbera e poi i soliti Cabernet, Pinot, Sauvignon e altri. Molti appezzamenti vitati appartengono a piccoli o medi viticoltori che conferiscono le uve alle cooperative o le vendono a cantine private, ma nell'isola esistono anche estese tenute. Queste ultime e certe grandi cooperative rappresentano soprattutto le nuove tendenze, la linea moderna per cui hanno costruito impianti adeguati. Così mentre è ancora largamente adottato e mantenuto il sistema ad "alberello" della tradizione, sono diffusi in collina gli allevamenti a "spalliera". Quanto ai vigneti di pianura è stato largamente adottato il produttivo "tendone irriguo". Il settentrione della Sardegna comprende a ponente la piana viticola sopra Alghero, che è stata ricavata dalla bonifica di terreni paludosi, dove è diffuso l'impianto dei vigneti a tendone di vitigni Torbato e Vermentino che danno vini bianchi freschi e di vitigni Cannonau che danno vini rossi morbidi e rotondi. Anche altre varietà allignano in tenute come la rinomata Sella & Mosca cui va il merito di coltivazioni esemplari e di felici sperimentazioni con le quali, riducendo le rese e perfezionando le tecniche di cantina, si ottengono prodotti di riconosciuta eccellenza anche se non a D.O.C. come il Cannonau di Alghero, il Torbato Terre Bianche, il rosso Tanca Farra, il dolce rosso da uve passite Anghelu Ruju. Più a est le zone collinari di Anglona e della Gallura dove i vigneti si trovano ad altitudini variabili fra i 300 e i 600 m hanno clima piu fresco e umido che favorisce la produzione di uve bianche ricche di aromi e di acidità da cui ricavare vini fragranti: si tratta soprattutto di Vermentino e di Moscato. In Gallura, ricca di manto boschivo dove gli incendi scellerati non l'hanno distrutto, si trovano ancora importanti piantagioni e boschi di querce da sughero da cui si ricavano notevoli quantità del prezioso materiale necessario per i tappi considerati ideali per il vino di qualità. I vini D.O.C. del settentrione attualmente sono il bianco secco Vermentino di Gallura e il bianco dolce Moscato di Sorso-Sennori. Ma anche una parte rilevante del Vermentino di Sardegna D.O.C. e del Moscato di Sardegna D.O.C. provengono dal nord. La zona centro-occidentale è soprattutto importante per i suoi vini da aperitivo che sono tra i migliori d'Italia. La Vernaccia di Oristano (D.O.C.) si ottiene dalle uve omonime prodotte nel bacino del Tirso. La Malvasia di Bosa (D.O.C.) dalle uve Malvasia Sarda prodotte sulle colline della Planargia. Questi vini sono stati spesso dichiarati analoghi agli Xeres o Sherry spagnoli: in realtà sono ben diversi (anche se non si può escludere qualche assomiglianza di sapore e di vigore) per vitigni d'origine, vinificazione e invecchiamento che sono autenticamente, esclusivamente sardi. Le zone pianeggianti e le basse colline di vari paesi dell'Oristanese con vigneti di Sangiovese e di Trebbiano, spesso impiantati a tendone o a spalliera, producono dei vini (con indicazione di vitigno) ai quali la cittadina di Arborea presta il nome per la D.O.C.; questi Arborea, pinttosto leggeri, si producono anche nei tipi rosato e bianco amabile e frizzante. Anche attorno a Terralba zone bonificate e terreni sabbiosi sono in parte coltivati a vigna; specialmente dalle varietà Bovale Sardo e Bovale di Spagna e tratto un vino rosso leggero e passante che può portare la D.O.C. Campidano di Terralba o Terralba. Sempre in provincia di Oristano a Mogoro una cantina sociale produce un pregevole vino bianco che porta il norme del vitigno Semidano. Un’altra cantina sociale di Samugheo ottiene un delicato vino dolce dai riflessi dorati da uve Nasco. Questi ultirmi sono prodotti che per ora non rientrano fra le D.O.C. ma che eccellono per qualità e stile. Barbagia e colli orientali, ai piedi del massiccio del Gennargentu, sono zone ventilate. I1 clima e più umido sulle colline rocciose che si trovano quasi al centro dell'isola; tiepido e asciutto sui colli prossimi alle coste. Queste zone sono particolarmente adatte a certi vitigni a bacca rossa e in special modo al Cannonau. Barbagia, Baronia e Ogliastra concentrano il grosso della produzione del vino Cannonau di Sardegna D.O.C. il quale, se prodotto nei comuni di Oliena e di Orgosolo nel Nuorese, può recare la sottodenominazione geografica Oliena o Nepente di Oliena. Da uve Bovale Sardo in unione con Cannonau coltivate in Barbagia sulle colline rocciose, fra i monti del Gennargentu e il lago Omodeo si ottiene un vino rosso o rosato assai caratteristico, il Mandrolisai DO.C. Campidano di Cagliari e Sulcis costituiscono la zona viticola meridionale che è anche la più produttiva e la più ricca di D.O.C. molte delle quali includono, dopo il vitigno, il nome del capoluogo. Nel fertile Campidano prevalgono in pianura i vigneti di Nuragus con rese altissime (quelle consentite dalla D.O.C. Nuragus di Cagliari sono le più elevate d'Italia) e con la conseguente trasformazione d'un vino che un tempo era ostico, ma forte in un prodotto assai leggero, scarsamente sapido, acidulo, definibile come bianco anonimo, di massa. Nelle zone collinari trovano però condizioni migliori i vitigni Monica e Cannonau da cui si ricavano vini rossi. In tutta la provincia e oltre si ottiene il Monica di Cagliari (D.O.C.) dolce secco, liquoroso, versione specifica del più generico Monica di Sardegna (D.O.C.) Gli altri D.O.C. del Cagliaritano sono anch’essi vini da aperitivo o da dessert dolci, secchi o liquorosi, ottenuti anche con uve in parte essiccate o passite, spesso assai tipici e pregevoli, ma prodotti ormai in minime quantità, secondo una tendenza di mercato più o meno presunta, il Giro di Cagliari Rosso dallo specifico, tradizionale vitigno; il Malvasia di Cagliari Bianco; il Moscato di Cagliari Bianco; il Nasco di Cagliari Bianco, dall'autoctono vitigno che cresce solamente in Sardegna. Il Sulcis, ossia la punta sudoccidentale dell'isola con le vicine piccole isole di Sant’Antioco e di San Pietro, con terreni in prevalenza arenari e clima influenzato sia pur da lungi dai venti africani, coltiva diffusamente il vitigno franco-spagnolo Carignano da cui un tempo si ricavavano forti vini da taglio. Il vino Carignano del Sulcis (D.O.C.) rosso secco e rosato, ricavato dal vitigno omonimo in grande prevalenza, è invece attualmente vinificato in versione leggera, spesso piacevole da bersi giovane, talvolta interessante (il rosso) in versione invecchiata. Nel sud oltre all'abbondante produzione va segnalata la cospicua sperimentazione che cooperative e consorzi hanno condotto per il miglioramento e la selezione dei vitigni sia tradizionali e autoctoni sia forestieri, per vinficazioni in purezza o per nuovi uvaggi migliorativi.