TOSCANA
E’una delle grandi regioni d'Italia, con 328 km di costa e due vaste pianure (la Grossetana a ridosso del Lazio e l'Aretina che tocca Umbria e Marche). A nordest l'Appennino Toscano con rocce calcaree, faggeti e cime brevi e tondeggianti s'allaccia all'Appennino Emiliano, tracciando lo spartiacque tra Italia settentrionale e centrale. Fiumi importanti: l'Arno, che bagna Firenze e sfocia subito dopo Pisa, e l’Ombrone, che sfiora Grosseto. Cave di marmo pregiato in Garfagnana, Alpi Apuane e Versilia. Colline Metallifere presso il Monte Amiata. Pochi i laghi e di modeste dimensioni: Chiusi, Massaciuccoli, Burano, Montepulciano. La Toscana è nota nel mondo soprattutto per la grande disponibilità di monumenti e opere d'arte (che vanno dal periodo etrusco a quello medievale, dal gotico al rinascimento) e per il Chianti, un vino diventato sinonimo di Italia. Senza scordare la bontà dell'olio di oliva, prodotto in rilevante quantità sulle sue colline, e delle carni bovine che escono dai numerosi allevamenti del triangolo Livorno-Monte Argentario-Chiusi. Il turismo della regione si articola su due direttrici: le città d'arte (oltre alle celeberrime Firenze, Siena e Pisa ci sono altri 126 centri storici più o meno famosi e basti ricordare San Gimignano' Volterra, Massa Marittima) e le riviere marine, dalla Versilia a Orbetello, incluse le isole: l'Elba, il Giglio, la Capraia, la Gorgona.

Le feste. Feste delle specialità regionali: "Bringoli" (spaghetti grossi come cordame di nave) ad Anghiari (AR) per San Martino; "Fettunta" (pane casereccio con aglio, olio e sale) e "Migliacci" (fritto di sangue di maiale impastato con farina, pinoli, uva passa, spezie) a Carmignano (FI) il 28 novembre; Polpo "briaco" (polipo cucinato nel vino) a Castiglioncello (LI) la prima domenica di giugno; "Testaroli" e funghi ripieni a Casa Corvi (MS) il 30 agosto.

Artigianato. Gli oggetti di alabastro di Volterra; gli arazzi di Firenze orditi a mano; i tappeti di lana (o cotone) prodotti su telaio a mano di Sovana (GR) e di Siena.

Proverbio. II sole passa sopra il fango e non s'imbratta.

Si mangia. Negli ultimi cinquant'anni la cucina toscana si e allargata a macchia d'olio in Italia, in particolare al nord. Così, finocchiona e pappardelle, fiorentina, ribollita e panforte sono noti ovunque. Niente di strano, in fondo: un episodio celebrato dai libri di storia della gastronomia è, infatti, quello dei cuochi al seguito di Caterina de' Medici, che nel 1533 sposò il figlio di Francesco I, il futuro re Enrico II. La vera cucina toscana, quella di campagna, si caratterizza per la semplicità e l'immediatezza dei sapori. Zuppe come la ribollita (pane, fagioli, cavolo nero), la garmugia (fave, piselli, carciofi), le ancor più semplici pappa al pomodoro e acquacotta maremmana, fanno parte dei cibi cosiddetti "poveri" ma ricchissimi di sapore. Altro esempio è il prosciutto toscano, salato per certi palati, ma in accordo col pane toscano, che è senza sale. La "fiorentina" è nota a tutti. Si discute solo sul nome. Dovrebbe chiamarsi "arentina" per gli abitanti della Val di Chiana, culla della razza chianina. "Maremmana", secondo i grossetani, perché il modo "primitivo" di cuocere la bistecca si può attribuire solo ai butteri. Una lombata di sei-sette etti cucinata su brace viva, senza aggiunte di olio, pepe, sale (questo semmai solo al momento di portarla in tavola), e un piatto che tutela la bontà della carne: cuocendola non dev'essere bucata, così da mantenere tutta la ricchezza dei suoi succhi. "Povera" soltanto in apparenza, quella toscana è invero la cucina dell'abbondanza.

Si beve. Bolgheri è famosa per i cipressi. Ma, per gli amanti del vino, Bolgheri è il Sassicaia. Noto come il "più grande vino italiano'', il Sassicaia sfida tutti gli altri vini con l'orgoglio di chi non ha e non vuole titoli DOC e Docg. Nasce da vitigni di Cabernet Sauvignon e Franc (70 e 30 per cento rispettivamente), che non sono propri della Toscana, ed è frutto della passione del marchese Mario Incisa della Rocchetta per i vini di Bordeaux (l'altra passione sono i cavalli, di cui basta citare due nomi: scuderia Vormello Olgiata e Ribot). Nel '44 il marchese fa piantare un filare di barbatelle, pervenutegli dal barone Philippe de Rotschild, sul colle di Castiglioncello. I primi esperimenti non sono incoraggianti; il vino e imbevibile nei tempi corti tipici della zona, ma invecchiando diventa stupendo.